In questo elegante volume Marangoni, eclettico intellettuale fiorentino, nel 1933 spiega al lettore come si guarda un’opera d’arte. In duecentocinquanta pagine esprime pareri e giudizi graffianti sia su colleghi “divulgatori di critica rozza ed empirica a cui appartiene il preconcetto dell’arte imitatrice della natura”; sia sui falsi artisti che aderiscono al “partito del contenuto morale”. Per lui uno degli errori comuni è “considerare gli elementi del linguaggio dell’arte come simboli dell’animo dell’artista e non come il suo animo stesso concretato in quelle forme”. E’ fautore della forma (semplice e discreta) e spazia anche nel linguaggio architettonico (di cui scrive un capitolo).
Vede nell’astrattismo una specie di musica visiva, soprattutto ritmica, di forme lineari e plastiche.